In Africa, dove un Maggiolino si sostituiva al telefono

Era il solo mezzo di comunicazione: anche per innamorarsi. La storia di un impiegato dell’ambasciata
di Germania in Ruanda che decise di esplorare il continente fino a Città del Capo, insieme a Rita
1/3 Il Maggiolino e il suo proprietario in un'officina in Ruanda.
Cinquant’anni fa, un impiegato dell’Ambasciata di Germania a Kigali, in Ruanda, partì con il suo Maggiolino all’esplorazione dell’Africa: si chiamava Hans-Ulrich Duwendag. Egli ha descritto la sua esperienza in un libro intitolato “Tarzan, un missionario e dodici Ascari”: “C’era un rapporto speciale tra la Volkswagen e il Ruanda -ha scritto Duwendag-. Perciò mi sembrava una cosa naturale guidare un Maggiolino da quelle parti”. Tuttavia dovette aspettare un po’ per avere l’auto, che andò a ritirare al porto di Mombasa, in Kenia, a 1500 km di distanza. Ma il fatto di avere sul posto la sua auto gli aprì nuovi orizzonti. Insieme ad alcuni amici europei, ogni due mesi percorse 500 km di strade sterrate da Kigali a Kampala, nella vicina Uganda, l’unico luogo della zona dove potersi rifornire di merci di gusto europeo. E in questi viaggi, nacque in lui la passione per il continente africano, che crebbe sempre di più.
Il Maggiolino fu anche complice della storia d’amore con Rita, una donna svizzera che aveva lavorato nell’antica colonia germanica e poi belga del Ruanda, come insegnante e operatore umanitario in una lontana base dei missionari d’Africa conosciuta come “I padri bianchi”. Hans-Ulrich andava a prendere Rita con il Maggiolino il venerdi e la riportava la domenica sera, ogni volta percorrendo avanti e indietro 100 km di strade sconnesse e polverose. Non c’erano telefoni, la Volkswagen era il solo mezzo di comunicazione.
I due si erano ammalati di Africa e pianificarono un viaggio insieme dal Ruanda a Città del Capo, in Sud Africa: oltre 5.000 km, da affrontare ovviamente con il fidato Maggiolino, su cui caricarono, oltre a se stessi, un po’ di abbigliamento leggero e dollari americani, anche quattro taniche di benzina da 20 litri l’una, che dovevano servire a percorrere tratti di oltre 700 km senza l’ombra di un distributore. I due partirono da Kigali il 19 febbraio 1971; lo stesso giorno, erano già in Burundi, nella capitale Bujumbura, da dove presero una barca per attraversare il Lago Tanganica. Il Maggiolino fu issato su una delle numerose chiatte, con lo spazio per i passeggeri davanti al rimorchiatore, e i due innamorati viaggiarono così per cinque giorni, lungo i 670 km del lago che sembrava un mare, diretti a sud, attraverso la Tanzania fino a Mpulungu, in Zambia, dove l’auto fu scaricata con una gru sull’unico molo esistente. Dopo una visita alle cascate Victoria e un’escursione in Mozambico, Rita e Hans-Ulrich raggiunsero finalmente il Sud Africa, che al contrario del Ruanda con le sue strade polverose, era già un paese avanzato in termini di infrastrutture e trasporti, con la rete stradale più sviluppata d’Africa.
A quel punto il piano prevedeva di vendere il Maggiolino e volare in Germania, ma la cosa non fu possibile per ragioni doganali. Così, ai due non rimase altra scelta che tornare in Ruanda per strada, passando da Rhodesia e Mozambico. Con il timore di essere attaccati dal Fronte di Liberazione del Mozambico, che combatteva contro il dominio coloniale portoghese, il viaggio al confine con il Malawi si svolse in un convoglio militare con soldati armati fino ai denti, che scortavano anche il passaggio dei traghetti attraverso il fiume Zambesi.
Dalla Tanzania il Maggiolino tornò in Ruanda attraverso Kenia e Uganda, raggiungendo la destinazione dopo sei settimane di viaggio e quasi 12.000 km percorsi.
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